Il racconto dei produttori

Vini e visioni. L’Erbaluce di Tappero Merlo

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Qual è stata la scintilla che ti ha portato a riscoprire e valorizzare l’antico vitigno Erbaluce?

Mi sono sempre nutrito di sogni ed ho sempre creduto che chi non ama il proprio territorio e non si batta per esso, non abbia rispetto dei propri avi perché proteggere e conservare ciò che per generazioni si è tramandato in un luogo è l’atto più estremo e rivoluzionario che oggi si possa compiere. Assistendo quindi impotente all’abbandono dei vigneti, al crollo dei terrazzamenti millenari, sentivo in me un forte senso di rivalsa, un moto di spregiudicato orgoglio che mi spingeva ad agire, a fare qualcosa. Era il 2001 quando decisi di intraprendere una nuova avventura e di tornare alla terra, a quelle vigne che per generazioni avevano impegnato la mia famiglia. Il richiamo era forte, cercavo nuovi stimoli, volevo resettare tutto per ritornare alle origini e ripartire dalle mie radici per vivere una nuova vita che avesse al centro il vino, quello di mio nonno e dargli quel lustro che non aveva conosciuto. Desideravo che il nostro antico vitigno Erbaluce, fosse il mio compagno di viaggio. Sentivo la necessità di far riemergere quel sapere artigiano, quella creatività che ci caratterizza nel mondo, valorizzando l’identità culturale del luogo, offrendo qualcosa che lasciasse, a chi di passaggio, un ricordo, un’emozione. Volevo praticare la viticoltura di un tempo, quelle tecniche rispettose dell’ambiente, fatte di gesti antichi e pazienti osservazioni, rallentando, ricercando la semplicità, trovando piacere nel fare le cose per bene per lasciare un ricordo che sapesse di buono e di bello. Desideravo narrare le storie della mia terra attraverso il vino, trasferendo ad esso il carattere delle sue genti, l’asperità dei suoli, estraendo da quei suoli così poveri, il sapore delle Alpi e di quei minerali che il ghiacciaio Balteo aveva eroso ai fianchi delle montagne della Valle d’Aosta abbandonandoli poi come sabbie sulle ripide colline dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea.

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Quali tecniche e pratiche adottate per garantire l’autenticità e la qualità dei vostri vini?

Credo che se una persona opera nel rispetto dell’ambiente che lo circonda, integrandosi con esso, senza compromettere equilibri e relazioni che in natura spontaneamente esistono, non necessiti di alcuna certificazione che attesti la bontà del suo operato. La lealtà al territorio è quindi fondamentale per ottenere risultati che siano testimonianza di autenticità e tipicità. Ed è così che si applicano in chiave moderna le tecniche agronomiche del passato. Una continua ricerca, riscoperta e rielaborazione di quanto di valido si praticava storicamente in loco ponendo particolare attenzione alla struttura organica dei suoli, praticando il sovescio mirato con leguminose, graminacee, asteracee per migliorare la fertilità dei terreni molto acidi.
I trattamenti sono a basso impatto ambientale, con prodotti naturali a base di estratti vegetali di erba medica, alghe brune, barbabietola, aloe vera, yucca, propoli, castagno, olio essenziale di arancio dolce, oltre a specifici batteri, lieviti, microelementi e biostimolanti fogliari, latte vaccino e un ridotto impiego di rame e zolfo. Si favorisce lo sviluppo della flora spontanea e della fauna tipica del luogo per contribuire al naturale equilibrio tra le specie. I suoli sono abitati da lombrichi, maggiolini, api, scarabei, ognuno dei quali contribuisce all’equilibrio del vigneto. Il concime organico viene autoprodotto con la tecnica del compostaggio in cumulo e lo si abbina a micorrize e a biostimolanti radicali. Si pratica poi la tecnica della confusione sessuale a base di feromoni per contrastare la riproduzione della tignola e della tignoletta e di esche per la cattura di vespe e calabroni. Per ottenere infine un’uva ideale alla produzione dei nostri vini, le barbatelle sono ricavate da materiale di moltiplicazione prelevato direttamente da piante madri di nostri vigneti, certificati campi prelievo, e fatti innestare da un vivaista di fiducia su portinnesti specifici.

Come ha influenzato l’unico contesto geologico dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea la qualità e le caratteristiche dei vostri vini?

L’Anfiteatro Morenico di Ivrea è una gemma geologica di rara bellezza. La sua incredibile storia ha inizio circa 6 milioni di anni fa quando il mare Adriatico iniziò a ritirarsi lasciando spazio ai sedimenti originatisi dall’erosione pluviale della catena alpina. Si formarono dei terreni estremamente particolari, molto variegati nella loro composizione, molto poveri di materia organica e quindi di azoto, caratteristica importantissima per le produzioni di alta qualità e per le basse rese che determinano nei vigneti. È generalmente presente una buona quantità di potassio, elemento che favorisce l’accumulo degli zuccheri nel grappolo durante il periodo di maturazione dell’uva e di sostanze fosfatiche che contribuiscono alla finezza dei vini. I suoli sono molto acidi e sono composti normalmente da un 70-85% da sabbie, 10-20% da limo e un 5-10% da argilla e garantiscono un ottimo drenaggio ai vigneti.

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Come si è evoluta la tradizione vitivinicola nel Canavese, fino all’importanza del Nebbiolo e dell’Erbaluce oggi?

Nel corso degli anni, due vitigni in particolare si sono adattati al clima e al terreno canavesano: il Nebbiolo e l’Erbaluce. Nel corso dei secoli la viticoltura in Canavese divenne sempre più significante, fino a diventare la voce più importante dell’economia canavesana, diffondendosi fuori dai confini locali. Fu in particolare alla fine del 1700 che raggiunse la sua massima espansione e da un censimento commissionato dal Regno di Piemonte e Sardegna nel 1819, i vigneti avevano un’estensione di ben 12.500 ettari. Negli anni del Risorgimento, dell’Unità d’Italia, i vini canavesani erano considerati i migliori vini del Piemonte e nel 1867, i vini del Castello di Loranzè furono definiti eccellenti all’Esposizione Universale di Parigi, mentre quelli di Caluso furono premiati con medaglia d’oro a Parigi e a Londra. Dall’Erbaluce si ottenevano vini di lusso che nei grandi ristoranti torinesi avevano quotazioni pari o superiori ai più rinomati vini francesi dell’epoca al punto che il passito di Caluso era indicato in alcune carte dei vini come Sauternes di Caluso. 

Quali sono le origini e le caratteristiche distintive dell’Erbaluce?

L’Erbaluce è la principale uva a bacca bianca del Nord Piemonte e trova nel Canavese e più in particolare nell’Anfiteatro Morenico di Ivrea la sua terra di elezione. Le teorie che portano l’Erbaluce in Canavese sono diverse, ed hanno in comune l’origine greca nella piccola isola Monemvasia. Una di queste attribuisce l’arrivo del vitigno in Canavese al seguito delle legioni romane e troverebbe similitudini col Fiano della Campania mentre l’altra invece ipotizza sia giunta dalla Valle del Rodano, con Carlo Magno alla caduta dell’Impero Romano e avrebbe corrispondenza con la Clairette. La più accreditata e supportata da studi genetici è quella che vuole che sia un’uva indigena, evolutasi ed adattatasi nel tempo nella fascia pedemontana alpina tra Piemonte, Valle d’Aosta, Savoia e ValleseL’ampelografia di queste aree testimonia infatti strette parentele tra cinque antichi vitigni locali quali il Reze del Vallese svizzero, il Blanc de Maurienne della Savoia, l’Arvine in Valle d’Aosta, la Nosiola in Trentino e il Cascarolo Bianco in Piemonte. Ed è proprio con quest’ultimo vitigno, definito “la mamma dell’Erbaluce”, che l’Erbaluce ha più similitudine e una stretta relazione genetica che ne confermerebbe la sua antica discendenza alpina ed indigena. È però all’origine leggendaria del vitigno a cui credono le genti dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea, un’uva originatasi dal pianto della Ninfa Albaluce, figlia del Sole e dell’Alba, lacrime intrise d’amore per le genti della sua terra.

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Come nasce l’idea di creare vini bianchi da invecchiamento e quali tecniche utilizzi per realizzarli?

Sognavo di produrre vini bianchi da invecchiamento, vini che sapessero esaltare le caratteristiche del territorio, racchiudessero l’essenza dell’anfiteatro morenico e la forza del ghiacciaio che lo aveva generato. Vini da assaporare nel tempo e che sapessero sprigionare quei sentori granitici ereditati dalle vette alpine. Vini dal forte imprinting territoriale che celebrassero gli sforzi di una vita di un vecchio vignaiolo: Domenico Tappero Merlo per tutti KIN, mio nonno. Un uomo semplice dai grandi ideali, dalla vita scandita dai tempi di vigna e cantina, perché nulla era più importante dei suoi vini. Era un artista. La vigna era la sua tela, l’Erbaluce il suo pennello, il sole, la pioggia, il terreno i suoi colori. Ogni anno ci presentava una nuova opera: l’ultimo suo vino. Ho ereditato da lui la passione per la vigna, la cura dei particolari, cercando di interpretare al meglio la sua filosofia che si esprimeva con gesti semplici, di antica saggezza ed un profondo rispetto per la natura. Desideravo applicare quanto lui mi aveva raccontato nel tempo. Per consumare al meglio i nostri vini diceva “ci vuole pazienza, solo l’attesa li farà apprezzare al meglio”. E cosi ho voluto fare. I vini da invecchiamento li si deve attendere fino a quando tutto si fonde in un insieme armonico ed equilibrato e si sarà creata una trama di grande finezza e complessità. 

Offrite esperienze di degustazione in cantina?

Le nostre esperienze sono di vario tipo e si svolgono principalmente nelle nostre vigne. Offriamo esperienze per gruppi e per coppie ma organizziamo anche eventi con una partecipazione maggiore. La nostra esperienza più gettonata è il wine trekking. Solitamente creiamo un gruppetto di partecipanti che ci seguirà in un trekking di circa due ore tra le nostre vigne di Loranzè a degustare vino, ammirare il paesaggio e comprendere meglio il nostro territorio. Per quanto riguarda le esperienze con più persone invece, un’attività che va per la maggiore è la nostra collaborazione con il Gardenia, un ristorante stellato che viene ad allestire una cena nella nostra vigna e noi ci occupiamo ovviamente del vino.

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Come vedete le attuali tendenze di mercato del vino? Ci sono nuove tendenze che influenzano la vostra strategia di marketing? Quali sono i vostri progetti futuri? Ci sono nuove etichette?

Il mercato del vino sta confermando una decrescita sensibile dei consumi e al tempo stesso
l’appassionato di vino tende a bere meno ma a bere meglio quindi preferisce vini di profilo più alto, più costosi, produzioni limitate da vitigni autoctoni, prodotti di eccellenza e ricchi di storia. Essendo Il vino sempre più un prodotto culturale attraverso la nostra struttura ricettiva stiamo proponendo esperienze a tema vino, wine trekking, esperienze in vigna con il fine di incrementare sempre più il tasso delle vendite dirette.

Informazioni utili su Tappero Merlo

Indirizzo: Via Provinciale 25, 10010 Loranze’, Torino
Piemonte

Telefono: +39 348 7502908

Sito web: www.tapperomerlo.it

Facebook: www.facebook.com/vignadelbelvedere

Instagram: www.instagram.com/tapdom

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